Giorgia : La storia della mia rinascita
Un grande cantautore italiano, diceva : “La vita è un dono legato a un respiro, dovrebbe ringraziare chi si sente vivo” .
Questo dono è il dono più grande che ognuno di noi ha ricevuto e va rispettato, amato e tutelato!
Io penso e spero di averlo sempre fatto nel migliore dei modi e oggi devo meritarlo ancora di più perché la vita mi è stata donata ben 2 volte! . E' un dono che si deve accettare, condividere poi restituire. Qualcuno ha accettato questo dono, lo ha condiviso con i suoi amici, familiari e quando il suo percorso terreno è finito, purtroppo in modo irreversibile ha deciso di condividere la vita con me donandomi il suo cuore. Un vero Angelo. Ora condivide con me la mia quotidianità, i miei progetti, le mie difficoltà, le mie gioie e i miei affetti. Aveva scelto di donare gli organi , era giovane, ma parlò con i suoi fratelli esprimendo la sua volontà di donare la vita a qualcuno un giorno, voleva donarsi a chi mai su questa terra avrebbe conosciuto, ma che avrebbe un giorno incontrato, li dove io gli correrò incontro, fra 100 anni, per sentire un suo parere sul tipo di vita che ho condotto avendo provano sempre a fare di questo dono un prezioso utilizzo.
Ma come sono arrivata a lui? Sono nata malata? Mi sono ammalata all’improvviso?
Sono domande alle quali una risposta non c’è, non si è mai arrivati a una conclusione, non si è mai capito se la mia cardiomiopatia era congenita o virale. Quello che so è che ho condotto una vita assolutamente normale per 15 anni. Ho praticato uno sport, stavo benissimo, ero una pazzerella che era molto difficile fermare . Volevo fare tantissime cose, avevo mille sogni, avevo le mie giornate piene di impegni e in casa da parenti e amici ero considerata come una macchinetta piena di vita . Qualcuno diceva che le mie pile non si scaricavano mai, ero instancabile eppure. . .
Eppure un giorno come gli altri dopo aver salito delle scale persi i sensi . Ero con mio fratello il mio grande amore, il mio grande complice! Chiesi a lui di omettere quella banale sincope ai miei genitori, soprattutto a papà che è medico . Gli spiegai che ero convinta che il mio svenimento fosse legato a una carenza di ferro, di calcio . Provai a fargli capire che non era nulla di grave,che i miei mi avrebbero portato in ospedale per farmi il prelievo del sangue, cosa che mi faceva e fa tanta paura ,che sarebbe stato tutto inutile perché io stavo bene . Marco non mi assecondò e così lui si aggiudica il premio di primo angelo . Il primo a salvarmi la vita è stato lui dicendo tutto ai miei genitori! Mio padre tornò da lavoro, mi raggiunse nella sua camera da letto dove io ero comodamente stesa nel loro lettone e dove lo accolsi con un sorriso a 3mila denti nella speranza di fargli capire che stavo bene, anzi benissimo e che non doveva farmi fare nessun accertamento. Solitamente il mio sorriso , i miei occhi lo conquistano sempre, ma quel pomeriggio non riuscivo proprio a portare nessuno dalla mia parte, e così lui scelse di farmi fare il tanto temuto prelievo del sangue! Le analisi erano perfette , allora perché ero svenuta? Aavevo appena preso un caffè dolce, non poteva essere un calo di zuccheri! L’anemia era da escludere perché le analisi erano perfette . Un momento di normale stanchezza, debolezza nel caso mio era da esludere non sapevo cosa fosse la stanchezza.. avevo quindici anni !
Ma qualcosa al mio grande papà, al mio grande medico non tornava . Avevo salito delle scale, avevo avvertito un forte mal di testa in quel bar che era impregnato di fumo . Il fumo fa ossigenare meno il cervello e sotto sforzo un cuore malato anche può ossigenare male il cervello causando così uno svenimento . I secondi angeli ,i miei genitori, decisero di portarmi in clinica e li avrei dovuto fare qualche esame strumentale, elettroencefalogramma, elettrocardiogramma . L’unica notizia per me terribile fu che dovevano farmi per forza un prelievo del sangue, trattandosi di un day ?hospital, non potevano astenermi da un’analisi compresa. Seconda tragedia . Panico , paura , pianti e poi finalmente un letto bianco sul quale prender pace nell’attesa di un buon pranzo a casa! Dovevano farmi un semplicissimo elettrocardiogramma e poi questi dubbi, per me inutili, ma che avevano i miei genitori potevano essere solo un brutto ricordo di due strani giorni su quel letto. Invece ci rimasi molto più del previsto. Quel momento si trasformò da un momento di assoluta calma, quiete a un momento di panico, di scoperte, di novità , di cambiamenti .
Quel tracciato dell’elettrocardiogramma fu ripetuto più e più volte dai miei cari dottori dell’Ospedalea Villa Verde di Taranto e i loro volti e i volti dei miei genitori avevano impressa la mia diagnosi . I loro occhi lucidi, le loro labbra bianche rivolte verso il basso, le loro mani sudate parlavano chiaro . C’era qualcosa di serio, Giorgia era in pericolo!
A Taranto non si poteva fare una diagnosi precisa ma all’Ospedale Bambin Gesù di Roma un medico di Taranto, il dottor Giannico , Primario del Reparto di Cardiologia, mi aspettava il giorno dopo per un day?hospital urgente.
Avvisai le mie amiche, mio fratello, il ragazzo dal quale ero a soli 15 anni infatuata e dissi loro, questa volta con meno ottimismo, che la mia diagnosi non era chiara e per questo dovevo andare a Roma per farmi l’ennesimo prelievo del sangue e altri accertamenti .
Arrivai a Roma e entrai in quella che oggi è la mia seconda casa , i controlli divennero sempre più costanti, una volta alla settimana , massimo ogni 2 .
Mi fu vietato di salire le scale, di fare sport, di ballare alle feste, di portare dei pesi(zaino con i libri compreso), di evitare forti emozioni. Mi fu chiesto di vivere una vita sedentaria, ma non è stata questa richiesta la cosa che ricordo con maggior dolore. Ricordo quei giorni come giorni privi di aspettative, sogni, ambizioni, progetti. Allontanai quello che poi è stato un grande amore, dopo il trapianto per 4 anni, perché con lui non potevo progettare un futuro, perché per me non cera, figuriamoci per… noi. I miei genitori non trovavano il coraggio per dirmi cosa avevo e a cosa andavo incontro, ma lo scopri da sola dai libri di medicina di papà. Lessi la mia diagnosi a Roma ,cardiomiopatia restrittiva e studiando capii che ero destinata a morire se non fosse arrivato un cuore a salvarmi !
Bloccai mio padre sul suo letto una domenica mattina, col mio solito sorriso gli dissi che avevo capito tutto, che ero serena ma che dovevamo muoverci perché io dovevo entrare presto in lista di attesa per rinascere e tornare a vivere e sognare! Lui rimase basito,attonito. Rimase ammutolito, mi fissava. Pochi attimi, una grande paura di sentirmi dire che non era così e che per me non cera niente da fare, poi fortunatamente mi sorrise dicendomi: si amore , c’è questa seria probabilità del trapianto,non sapevamo come dirtelo, se vuoi ti spiego cos’è e poi diciamo a mamma che sai tutto . Gli dissi che sapevo tutto, che ero preparata avevo visto anche alcune immagini dell’intervento e che potevamo andare a dirlo a mamma . Era sconvolto. Forse oggi capisco che in realtà gli avevo levato un peso, ma non il più grande. Quello vero..la paura di perdermi!. Anche a mamma levai questo piccolo peso, provavo a fare di tutto per rendere loro più leggeri. Immaginavo la loro vita senza di me , e ridevo, non era possibile sarebbe stata troppo vuota e triste, dovevo farcela! Ho creduto dal primo momento, ho sperato e non ho mai perso il sorriso e la voglia di vivere. Il 13 agosto del 2005 una chiamata dal Bambin Gesù, cera un cuore compatibile per me . Io ero li, piccolina quindicenne con i miei cugini, alla festa del mio cuginetto preferito . Avevo in mano un trancio di pizza e lui, il padre migliore dell’universo, mi disse: amore non puoi mangiare, ci hanno chiamati da Roma è arrivato il cuor , non puoi più mangiare e bere. Lo diceva sconvolto,l o erano tutti d'altronde! Mamma, nonna, Marco il mio amore! E io? Iniziai a ballare, salutare i miei zii mostrando loro la parte superiore del mio torace e dicendo loro che presto avrei avuto li un gioiello! Un mio zio mi disse non ballare , non puoi. Gli risposi che stavo andando a sostituire quel cuore, che tanto continuo ad amare, ma che dovevo lasciar andar via per vivere! Tornammo a casa per prendere le valige , iniziò la prima processione di amici e parenti e io al centro del salone con la chitarra . Non so suonare, era un modo per sentirmi viva, uguale ai miei coetanei che suonavano e si divertivano. Salimmo sull’aereo e li raggiunsi mamma per darle una lettera scritta da me, di getto come sempre, per star vicini loro anche in quelle ore! Una lettera vivace, lung , che iniziava con una esclamazione : eccomi!!!! . Volevo esserci anche in quelle ore! Chiedevo loro di resistere, di aspettarmi e dicevo che era divertente pensare che per 4?5 ore tantissime persone erano bloccate pensando a me . A me che combattevo tra la vita e la morte e mi univo al mio donatore per sempre. Arrivammo al Bambin Gesù, per l’ultima volta da malata, mi disinfettarono e io chiesi di giocare a carte con mio fratello mentre preparavano la sala operatoria perché volevo star loro vicino fino all’ultimo secondo! Dopo aver parlato col chirurgo e l’anestesista e dopo aver fatto loro le mie solite mille domande, presi le carte e vinsi una partita di burraco con un formidabile burraco puro di assi . Bravura o Marco era sconvolto? Appena conclusa la partita mi chiamarono per scendere in sala operatoria e mi fecero stendere su una barella, mi distesi e passi dal corridoio guardando negli occhi papà, mamma e mio cugino Nico a destra e alla sinistra zia Gabriella e nonna e infine alla punta del mio letto c’era lui Marco che vedevo sempre più lontano ma sentivo sempre più vicino.
Trapianto eseguito e riuscito perfettamente, ero quasi tornata a esser come lui normale e potevo finalmente tornare a giocare e sfrenarmi con lui! Michele e io siamo da oltre 5 anni una sola persona, io sono pian piano tornata a essere instancabile come prima . Ho dei sogni, dei progetti, delle ambizioni, posso fare sport, posso ballare alle feste e in discoteca, posso vivere! Vivere una vita assolutamente normale! Qualcuno da lassù aveva deciso che Il mio angelo doveva interrompere la sua vita terrena quella sera e davanti a quel qualcuno siamo tutti purtroppo impotenti. Ma se lui e la sua famiglia non avessero detto si alla donazione dei suoi organi, oggi qui con voi non ci sarei neanche io! Questo è ciò su cui riflettere.
Colgo l’occasione per ringraziare tutte le persone che mi sono state vicino, in modo particolare i miei familiari unici e insostituibili e per ringraziare la famiglia del mio angelo alla quale voglio un bene infinito!!?

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